
IL DISEGNO E GLI INTONACI
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Le tracce ancora presenti testimoniano che gli interni della Malavilla erano completamente intonacati, segno, ancora una volta, della ricchezza dell'edificio. L'intonaco era infatti una tecnica per pochi. Per realizzarlo bisognava partire dalla raccolta dei sassi calcarei e dalla loro cottura in forni di pietra (vedi quello ancora presente in località Predarezzo, Comune di Calestano) o in buche appositamente realizzate. Occorreva anche una grande quantità di legna. Alla fine della cottura, il sasso calcareo, per reazione chimica, sfioriva, trasformandosi in polvere da utilizzare, assieme all'inerte locale, per la calce da muratura o da intonaco.
L'inerte dava il colore e la grana all'intonaco che, per questo motivo, cambiava da vallata a vallata, creando una elegante sfumatura di color ocra (in perfetta armonia con l'ambiente) che oggi stiamo perdendo a causa dell'assenza di piani del colore e dell'avvento di colori completamente avulsi dalla tradizione del territorio.
Esistevano tecniche alternative, molto più povere, e i contadini un tempo le adoperavano per ottenere risultati simili, che però non richiedessero questa quantità di lavoro e di materiale. Scialbature, sagramature erano anche tecniche che, con poca calce liquida, riuscivano a sigillare più sbrigativamente le fessure delle murature e a uniformare, sanificare e dare luce agli interni delle abitazioni. A volte bastava una scopa di saggina e un secchio di calce.
Nella Malavilla è stato ritrovato un disegno a carboncino di difficile datazione, realizzato direttamente sulla lamatura di intonaco. Sembra rappresenti un soldato dell’esercito Austro-Ungarico, con il tipico elmo di origine prussiana (Pickelhaube), probabilmente avvistato da qualche contadino locale che, con ogni probabilità, aveva partecipato alla Prima guerra mondiale.